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Ue, veti incrociati bloccano i vicepresidenti: Fitto ‘fit’ anche per il Pd

Dall'Italia e dal MondoUe, veti incrociati bloccano i vicepresidenti: Fitto 'fit' anche per il Pd

(Adnkronos) – La partita per la nomina dei sei vicepresidenti esecutivi della von der Leyen 2 si va complicando e il verdetto slitta a data da destinarsi. Il nodo non è di merito, ma politico.  

Il vicepresidente designato alla Coesione, Raffaele Fitto, in audizione a Bruxelles davanti alla commissione Regi ha risposto a tutte le domande, anche a quelle più aggressive, con pazienza, senza mai perdere il suo aplomb.  

Tanto che persino l’eurodeputato del Pd Dario Nardella, fiorentino, ha detto che la sua audizione è stata “tendenzialmente positiva”, anche se ha scherzato citando una canzone di Mina, “Sono come tu mi vuoi” per descrivere la performance di Fitto. Il suo collega di partito Raffaele Topo, l’unico del Pd membro della commissione Regi, campano, è stato ancora più esplicito: subito dopo l’audizione ha detto che è andata “bene, penso”. Un ruolo non piccolo lo gioca probabilmente la geografia, visto che la politica di coesione è assai importante per le regioni del Mezzogiorno d’Italia e avere un vicepresidente alla Coesione, per il Sud, non sarebbe poca cosa. 

Fitto, insomma, viene giudicato adatto (“Fitto fit”, come scherzava Giancarlo Giorgetti) al ruolo di commissario alla Coesione, tendenzialmente, anche da non pochi eurodeputati del Pd (un altro discorso è la vicepresidenza esecutiva, per i Dem). Anche se è “un avversario politico”, non è certo “un fascista”, spiegava ieri un eurodeputato italiano non di destra. Ad una parlamentare dei Verdi/Ale galiziana, Ana Miranda Paz, del Bloque Nacionalista Gallego, nazionalista di sinistra, che lo ha definito un “esempio” dell’estrema destra “ripulita”, Fitto ha risposto con calma, facendo presente che lui non è affatto “un fascista”. Fitto si è comunque detto sicuro che, discutendo, si troveranno dei punti di “convergenza” anche con lei, pur aggiungendo che potrebbe essere difficile. 

I più aggressivi nei confronti del candidato italiano sono stati, con accenti diversi, i Verdi, seguiti dai Liberali. Ma lui, ringraziando sempre ognuno “per la domanda”, non si è mai scomposto, neppure quando l’ecologista tedesco Rasmus Andresen ha notato che in Italia ci sono molte inchieste aperte sull’utilizzo dei fondi del Pnrr. Il ministro gli ha ricordato che, se ci sono inchieste in corso, non riguardano lui, ma semmai chi è accusato di aver utilizzato impropriamente i fondi. E ha citato la procuratrice europea Laura Codruta Koevesi, secondo la quale l’Italia “è vittima del suo successo”, visto che ha ottenuto più fondi di tutti gli altri Paesi, tra trasferimenti e prestiti, nell’ambito di Next Generation Eu.  

Le inchieste sono tante, ha aggiunto Fitto, grazie al lavoro della Guardia di Finanza, che dovrebbe essere “un esempio” per molti altri Paesi Ue. Tra l’altro Fitto, che a Bruxelles ha fatto tre legislature da eurodeputato, ha detto che si impegnerà per tutelare lo Stato di diritto, un “valore fondamentale” dell’Ue e ha assicurato che da vicepresidente non rappresenterà né un partito né un Paese, ma l’interesse europeo. Agli europarlamentari socialisti di altre nazionalità che lo interrogavano diffidenti, il politico salentino ha più volte suggerito di parlare con i loro “colleghi del gruppo”, che lo conoscono bene. Lo stesso Topo, nel suo intervento in sala, l’unico targato Pd, ha sottolineato che la sua “presenza” nel Mezzogiorno sarà importante, un “elemento di ricchezza”. 

Gioca qui, probabilmente, anche la forza della ‘diaspora’ democristiana: Fitto ha iniziato la sua carriera politica nella Dc, e Raffaele Topo, oggi nel Pd, è figlio di Francesco Topo, detto Ciccio, già autista e amico di Antonio Gava, pezzo da novanta dei Dorotei, più volte ministro. La Balena Bianca, ufficialmente scomparsa nel 1994, in realtà si è inabissata e nei momenti giusti ‘soffia’ ancora, persino dalle parti di Bruxelles. Fitto, che aveva ricordato le sue origini democristiane già nelle risposte scritte, ha chiuso l’audizione di slancio, ricordando Alcide De Gasperi, “padre fondatore” dell’Ue, oltre che fondatore della Dc. Proprio al politico trentino è dedicata la sala in cui si è tenuta l’audizione. 

Tuttavia per i Socialisti, e anche per il Pd, un conto è l’adeguatezza di Fitto, un altro conto è la sua indicazione a vicepresidente esecutivo della Commissione, che mette i Conservatori nella ‘prima fila’ del nuovo esecutivo Ue. Per i Verdi, Fitto è inadeguato a prescindere, dato che appartiene alla destra dell’Ecr: secondo il copresidente del gruppo ecologista Bas Eickhout, olandese, il ministro “ha dimostrato più volte, attraverso la sua affiliazione politica di estrema destra, di non sostenere i valori europei e di non avere a cuore l’interesse dell’Unione Europea e dei suoi cittadini. Ciò lo rende inadatto a rappresentare la Commissione in un ruolo così importante come quello di vicepresidente esecutivo”. Ignazio Marino, di Avs (Verdi/Ale), si è detto “deluso” dalle risposte di Fitto. 

Fitto è dell’Ecr, un partito che non fa parte della maggioranza che ha rieletto Ursula von der Leyen e che, anzi, le ha votato contro in luglio, dopo che Giorgia Meloni si era astenuta in Consiglio Europeo. Pertanto, si pone “un problema politico”, che spetterà a Ursula von der Leyen affrontare e “risolvere”, ha spiegato Nardella. La presidente conosce le difficoltà, tanto che non è andata a Baku per la Cop29 proprio per restare qui a Bruxelles a trattare ed evitare che il voto sul collegio slitti ancora, magari all’ultima plenaria del 2024, impedendo così l’insediamento del nuovo collegio dal primo dicembre. La decisione sui sei vicepresidenti è stata dunque rimandata, forse a oggi, ma non è escluso che slitti addirittura alla settimana prossima. 

Per Nicola Procaccini, copresidente del gruppo Ecr, i sei vicepresidenti sono “bloccati dai veti incrociati”, segno che le tensioni nella maggioranza sono elevatissime. Come spiega un eurodeputato, tra i membri del Parlamento “c’è molto scontento” per la composizione della Commissione von der Leyen bis.  

I Conservatori, dal canto loro, non sono affatto scontenti. Sono stati “determinanti” per l’esito delle audizioni di molti commissari, perché senza il loro voto non ci sarebbe stata la maggioranza dei “due terzi”, come ha sottolineato il capodelegazione di Fdi Carlo Fidanza. Il politico milanese ha annunciato che Fratelli d’Italia voterà “a favore” della Commissione von der Leyen due, proprio perché vede Fitto in prima fila. 

Il capodelegazione della Lega Paolo Borchia, che non si è sbilanciato né sul voto del suo partito e di quello dei Patrioti sull’intero collegio (che è previsto in plenaria, a voto palese e a maggioranza semplice), si augura che “non si vada alla settimana prossima, perché sarebbe una mazzata alla credibilità del lavoro che stiamo cercando di fare”. Un ulteriore slittamento dell’insediamento della von der Leyen bis non sarebbe un buon segnale per l’Ue, specie dopo l’elezione di Donald Trump negli Usa, perché non farebbe che confermare l’acuirsi delle divisioni che percorrono il blocco e che il nuovo presidente potrebbe sfruttare.  

Ma nella ‘Bubble’, come viene chiamata la bolla bruxellese, i ragionamenti che prevalgono, per adesso, sembrano essere altri. Per ora non conta, come prevede un membro italiano del Parlamento Europeo, che Trump, quando si insedierà, probabilmente “verrà in Europa e von der Leyen neppure la incontrerà”. Qualcuno a Bruxelles ancora ricorda che nel 2016, non appena venne eletto, il primo politico europeo che ricevette alla Trump Tower non fu né Jean-Claude Juncker, né Donald Tusk, rispettivamente presidenti della Commissione e del Consiglio Europeo. Fu Nigel Farage, l’inventore della Brexit. 

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