ROMA – “‘Senegal 2050’ è il progetto delineato dal governo del presidente Bassirou Diomaye Faye. Approvato lo scorso 14 ottobre dal parlamento, stabilisce “la traiettoria utile a costruire un paese prospero, giusto e sovrano”: così all’agenzia Dire l’ambasciatore del Senegal in Italia, Ngor Ndiaye.Secondo il diplomatico, si tratta di “un progetto molto ambizioso, declinato in molteplici fasi che permetterà non solo di raggiungere sviluppo ma anche sovranità, affinché il Senegal giochi un ruolo molto più importante sulla scena internazionale”.
‘Sénégal 2050: Agenda National de Transformation’ mira a tre obiettivi principali: triplicare il reddito pro capite entro il 2050, garantire una crescita annua superiore al 6% del Pil e sviluppare un settore privato forte insieme a un ambiente economico competitivo. Nel documento di presentazione, Faye ai suoi concittadini spiega che il progetto “riflette la nostra ambizione di rompere con gli schemi del passato, di superare le sfide che abbiamo affrontato per troppo tempo (…). Abbiamo ereditato una situazione complessa, segnata da decenni di dipendenza economica, una governance con basi fragili e un tessuto sociale indebolito. Per troppo tempo la nostra economia è rimasta intrappolata in un modello di sfruttamento delle materie prime, senza valorizzazione o trasformazione locale. Questo, non solo ha limitato il nostro potenziale, ma ci ha anche derubato del nostro destino. Questo modello ha creato dipendenza da alcune industrie, lasciando il nostro settore privato nazionale troppo debole e i nostri giovani di talento in cerca di opportunità, spesso spinti a cercare un futuro altrove”. Attraverso ‘Senegal 2050’, sottolinea il presidente, “offriamo una risposta strutturata a tutte queste sfide”, garantendo “istruzione di qualità”, “accesso universale a servizi sanitari efficienti” e una “riforma del sistema fondiario che consenta una migliore redistribuzione dei terreni”.
Paese dell’Africa occidentale che si affaccia sull’Atlantico, il Senegal ha quasi 18 milioni di abitanti, di cui il 75% ha meno di 25 anni. Pur essendo ricco di risorse, come si legge nel documento ‘Senegal 2050’, è caratterizzato da un’economia “segnata da un forte deficit” che “è peggiorato negli ultimi anni” arrivando a superare i 4mila miliardi di franchi cfa nel 2023. Questo perché il Paese “importa quasi tutti i prodotti finiti” ed è “fortemente dipendente dai prezzi delle materie prime a livello globale, dagli aiuti stranieri e dalle rimesse delle comunità all’estero”.Entro il 2050 inoltre le stime indicano che la popolazione sarà più che raddoppiata, raggiungendo i 39 milioni di abitanti. Così, se oggi il Prodotto interno lordo pro capite ammonta a circa 1.660 dollari, per il 2050 il governo di Dakar punta a portarlo a 4.500 dollari, mentre se oggi il tasso di povertà colpisce il 37,5% della popolazione, tra venticinque anni dovrà ridursi al 10%.Questa la ricetta per renderlo “prospero”, ma cosa significa invece “Paese giusto”? Il governo Faye lo spiega così: “Sia che vivano in città o in aree rurali, a nord e a sud, ad ovest e ad est”, tutti “beneficeranno della stessa qualità di istruzione, servizio sanitario, accesso all’elettricità, all’acqua, ai servizi igienico-sanitari e ad alloggi dignitosi”.
Si parte dalla sanità: parola chiave, “prevenzione” e “accesso”: se oggi la copertura sanitaria universale raggiunge il 53,6% della popolazione, nel 2050 dovrà arrivare al 100%, mentre la mortalità materna, che colpisce 216 donne ogni 100mila nati vivi, dovrà ridursi a 70.Secondo ambito di intervento, la scuola: la dispersione scolastica è un fenomeno che in Senegal colpisce il 65% dei giovani, ma l’esecutivo mira ad abbatterla al 10%, con attenzione alle aree rurali dove la scolarizzazione dovrà raggiungere il 90% dei minori.
“Nel 2050 ogni giovane senegalese, indipendentemente dal luogo di nascita avrà lo stesso accesso ai servizi pubblici”, quindi si assicura attenzione anche a “pari opportunità tra uomini e donne”: “amministrazioni pubbliche e aziende garantiranno una quota di almeno il 40% delle donne nelle posizioni elettive e nei consigli di amministrazione delle aziende”. Annunciata poi la lotta alle gravidanze e ai matrimoni precoci e programmi di recupero degli anni scolastici per bambine, ragazze e adulte, sia nubili che madri e e mogli, “anche a domicilio”.Sul piano della sovranità, terzo pilastro del programma, le istituzioni lavoreranno affinché il Paese possa raggiungere l’indipendenza dal punto di vista energetico, di difesa e sicurezza, e sul piano della produzione alimentare.Su questo ultimo tema si inserisce l’Accordo sullo sviluppo agricolo sostenibile, siglato di recente tra Italia e Senegal per il trasferimento di competenze e risorse: un fondo da 5 milioni di euro per realizzare una serra di 9mila metri quadrati per coltivare ortaggi di alta qualità in qualsiasi periodo dell’anno, dotata anche di aule-studio per la formazione di agronomi e agricoltori, e di una nursery per i bambini. A coordinare l’iniziativa sul piano della formazione, l’Università Sapienza di Roma. Un progetto che, come ha spiegato durante un incontro alla Camera dei deputati il viceministro agli Affari esteri con delega alla Cooperazione internazionale Edmondo Cirielli, “coniuga risorse pubbliche, università e aziende private nel pieno spirito del Piano Mattei per l’Africa”.
“Abbiamo eccellenti relazioni con l’Italia” dichiara ancora Ndiaye, che aggiunge: “Come ripetiamo spesso, il Senegal non ha dovuto attendere il Piano Mattei per avere buoni rapporti. Da decenni sono vivi, forti e ricchi e siamo lieti ora di questo Piano che imprime nuovo slancio alla cooperazione, in particolare a quella di tipo paritario”. Il diplomatico parla con la Dire proprio a margine della presentazione dell’Accordo alla Camera dei deputati, a Roma. Il Senegal è infatti tra i nove Paesi-pilota del piano e, come ha ribadito spesso il ministro degli Esteri Antonio Tajani, è “strategico anche per la sua stabilità democratica”.Il Paese ha attraversato oltre un anno di instabilità politica, prima, durante e dopo le elezioni presidenziali di marzo scorso; ma proprio la capacità della sua classe politica di gestire le crisi continuando a muoversi nel perimetro delle norme costituzionali, ha portato a un’alternanza al governo e al parlamento credibile e legittima, con l’oppositore Faye che alle urne ha battuto il candidato sostenuto dal precedente presidente Macky Sall, che ha visto il suo partito anche cedere la maggioranza dei seggi al principale movimento d’opposizione, il Pastef. Questo, chiediamo all’ambasciatore, può rappresentare un modello per i Paesi della regione, molti dei quali segnati da colpi di stato militari? “Non so se possiamo incarnare un modello” risponde Ndiaye. “Sta agli altri decidere. Ma è vero che abbiamo una democrazia molto forte e solida e una popolazione molto istruita e attaccata alla democrazia. Può capitare che ci siano dei problemi, ma tra i cittadini c’è serenità, e sanno aspettare il momento giusto per alzare la voce. Abbiamo effettivamente un modello che funziona molto bene, e siamo pronti a condividerlo con chiunque ne abbia bisogno”.
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