ROMA – “L’artista e i curatori del padiglione di Israele apriranno l’esibizione quando sarà raggiunto un accordo per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi”. Così recita un cartello affisso all’ingresso del padiglione di Israele alla Biennale di Venezia.
Una decisione assunta, riferiscono più media, tra i quali il New York Times, in concomitanza con l’avvio dell’esibizione ‘(M)otherland’ dall’artista israeliana Ruth Patir. Quest’ultima ha chiarito che la chiusura non è definitiva e che si tratta di una decisione “in solidarietà con le famiglie degli ostaggi e la grande comunità israeliana che chiede un cambiamento”. Attraverso i vetri del padiglione tuttavia è possibile intravedere uno schermo su cui scorrono le immagini del video ‘Keening’, realizzato dall’artista. “Sento che il tempo dell’arte è perduto e ho bisogno di credere che tornerà” ha scritto Patir su Instagram. “Mi oppongo fermamente al boicottaggio culturale- continua l’artista- ma dal momento che non credo ci siano risposte corrette, e posso fare ciò che posso solo con lo spazio che ho, preferisco far sentire la mia voce per coloro che sostengo, per il cessate il fuoco e riportare le persone a casa ora. Non ce la facciamo più”.
DAL 7 OTTOBRE A OGGI
Dopo l’attacco di Hamas nel sud di Israele del 7 ottobre, 1200 persone sono rimaste uccise ed altre 240 circa sono state sequestrate. Subito dopo, Israele ha avviato un’operazione militare contro la Striscia di Gaza che dopo sei mesi ha causato quasi 34mila morti e 80mila feriti, e spinto allo sfollamento l’80% della popolazione. Ad oggi, circa un centinaio di ostaggi restano ancora nelle mani di Hamas.
I movimenti filo-palestinesi hanno ripetutamente chiesto di negare la partecipazione di Israele alla Biennale di arte in solidarietà con la popolazione di Gaza, che fa i conti anche con restrizioni e blocchi agli aiuti umanitari, mentre in Israele si sono svolte numerose manifestazioni di protesta contro l’attuale governo Netanyahu, accusato di non stare facendo abbastanza per riportare a casa sani e salvi gli ostaggi.
A fine marzo il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che ordinava a Israele il cessate il fuoco fino al termine di Ramadan, che si è concluso il 10 aprile, ma Tel Aviv non lo ha rispettato. Al momento, i negoziati con Hamas sono in stallo, in quanto l’organizzazione palestinese chiede la fine delle ostilità e l’uscita delle forze israeliane dalla Striscia come condizione necessaria al rilascio degli ostaggi.
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