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Renzi ricostruisce il caso Regeni: richiamo ambasciatore è un gesto duro

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Testimonianza davanti ai giudici della corte d’assise di Roma

Roma, 19 set. (askanews) – “In tutto il mondo, anche oggi, scompaiono dei cittadini italiani. E’ normale. Nella stragrande maggioranza dei casi non succede nulla. E’ perché uno non riesce a comunicare. Però tutte queste informazioni vengono messe sotto il canale burocratico. La Farnesina segue l’iter”. Lo ha detto l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi parlando con i cronisti dopo aver testimoniato nel processo per l’omicidio Regeni, davanti ai giudici della corte d’assise di Roma. . “In questo caso il 28 gennaio, qualche giorno prima che la vicenda esplodesse in tutta la sua gravità, è passata agli uffici, anche a quelli dei consiglieri diplomatici, di Palazzo Chigi, del ministero degli Esteri, dello sviluppo economico. La vicenda esplode in tutta la sua gravità il 31 gennaio, e così quel giorno il ministro degli Esteri prende i contatti con l’omologo egiziano, io stesso mi metto al lavoro perché ci arriva segnalazione dagli uffici in loco che la vicenda p molto più preoccupante di quello che poteva sembrare”, ha detto ancora Renzi . “Quello che accade dopo è noto a tutti, la tortura, l’uccisione, il ritrovamento del cadavere, e il richiamo dell’ambasciatore è la misura più alta che può fare un paese, dopo c’è solo la dichiarazione di guerra come linguaggio diplomatico. Facciamo una cosa molto dura e chiediamo aiuto come fanno le democrazie liberali chiediamo aiuto ai poteri che si occupano di questo, fra cui il potere giudiziario per cui la Procura di Roma apre un fascicolo, e al potere dello Stato. Al Sisi accetta di rispondere alle domande di alcuni vostri colleghi italiani; quanto questo sia efficace e soddisfacente è una valutazione che ciascuno fa per sé”, ha detto ancora il leader di Italia Viva.

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