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Occultare la mitologia: i 70 anni segreti di Roberto Bolaño

AttualitàOccultare la mitologia: i 70 anni segreti di Roberto Bolaño

Lo scrittore cileno era nato il 28 aprile 1953, manca da 20 anni

Milano, 28 apr. (askanews) – Benno von Arcimboldi era scomparso da sempre. Di Cesárea Tinajero si erano perse le tracce da molti anni. Il primo era un leggendario scrittore tedesco che nessuno pareva avesse mai incontrato di persona, ma i cui libri lasciavano sempre uno strascico, tanto che il suo nome, puntualmente, rientrava tra i papabili per il Nobel. La seconda era una poetessa messicana, autrice di un unico componimento, che però è bastato, nella sua forza oscura, a dare vita a un intero movimento, il realvisceralismo. Sono scomparsi, sono invisibili, in qualche modo la loro voce sembra arrivare da dopo la morte. Sono anche due personaggi letterari, sono coloro intorno ai quali Roberto Bolaño ha costruito i suoi due monumentali romanzi, il postumo e totalizzante 2666 e il rivoluzionario e ingannatore I detective selvaggi, che lo portò al successo internazionale negli ultimi 5 anni della sua vita. Arcimboldi e Tinajero erano il santo Graal della sua letteratura, che ha vissuto di una serie di mitologie minori: quella dei giovani poeti sudamericani e delle loro sconfitte, quella della violenza insondabile dei confini messicani e delle dittature militari, quella dell’amore senza senso tanto per dei libri quanto per due sorelle, sempre le stesse, seppur con nomi diversi, in romanzi e racconti. Ma il talento di questo cileno, che scriveva poesie e si racconta che sia passato alla narrativa per tentare di garantire un futuro ai suoi due figli, Lautaro e Alexandra, una volta scopertosi gravemente malato, è stato proprio quello di fare diventare le sue storie una mitologia per i suoi lettori. Che, forse anche senza accorgersene, con I detective selvaggi nel 1998 si sono trovati in mano un oggetto letterario voluminoso – sono 845 pagine nella prima edizione italiana di Sellerio, poco meno di 700 nella successiva Adelphi – che al tempo stesso ribaltava clamorosamente il tavolo del romanzo contemporaneo a livello di struttura e lo faceva da una posizione non di nicchia colta, come spesso accade, ma in aperto, e probabilmente anche un po’ incosciente, confronto con il mainstream. I suoi romanzi a uno sguardo veloce sembrano essere dei gialli o dei noir, ma in realtà fingono; fingono di essere qualcosa di conosciuto e gestibile, qualcosa che sia meno terrificante, ma sono a tutti gli effetti fatti della stessa materia di cui è fatto, per dire, Moby Dick. E come il capolavoro di Melville finisce nella desolazione di un mare che si richiude sopra la scomparsa di Achab e della Balena Bianca (così come si richiudeva sopra il folle volo di Ulisse nella Divina Commedia), nello stesso modo l’epica segreta e devastata di Bolaño si chiude nel deserto, sempre lo stesso, quello del Sonora. Nello stesso silenzio assordante che deve avere sentito Ismaele alla fine della caccia in mare aperto.

Roberto Bolaño era nato a Santago del Cile il 28 aprile del 1953 e, complice il successo dei suoi Detective negli Stati Uniti, fenomeno molto raro per scrittori non aglofoni, è diventato rapidamente un autore di culto, soprattutto per lettori consapevoli, adulti. Quel tipo di persone che continuano ad amare David Foster Wallace, per fare un esempio. E come DFW, anche Bolaño è riuscito nell’impresa dei essere al tempo stesso di culto e di massa, andando a smuovere qualche meccanismo profondo delle dinamiche culturali più contemporanee, pur essendo entrambi scrittori che non hanno visto l’avvento della società iperconnessa e dei social media, ma in qualche modo i loro libri l’avevano anticipata o forse, come Philip Dick, l’avevano anche prevista, seppur in modi molto meno didascalici rispetto all’autore di Blade Runner.

Oggi Roberto Bolaño avrebbe compiuto 70 anni. È morto a Barcellona aspettando un trapianto di fegato il 14 luglio del 2003, trapianto rimandato perché stava scrivendo 2666 e l’onda di quel romanzo non la poteva – e non la può – fermare nessuno. Enrique Vila-Matas, altro grandissimo scrittore e amico di Bolaño, per raccontare cosa significasse la scrittura per il cileno ha citato Kafka, che nelle Lettere a Felice spiegava che ‘scrivere è un sogno più profondo. Come la morte’. Noi oggi, con il senno dei lettori di poi e un vago senso di disperazione per la perdita, possiamo aggiungere che anche i suoi grandi romanzi erano così, in maniera talmente evidente da sembrare quasi intollerabile, come la morte. Tanto da far pensare che ci fosse un trucco, come se tutto fosse, per stare ancora nei territori kafkiani (la sua America così immaginaria e quella di Bolaño, così lontana dagli stereotipi americani classici, si toccano di continuo), una messa in scena del Teatro Naturale dell’Oklahoma, quel teatro descritto da Kafka dove tutti sono scritturati e ognuno deve solo interpretare se stesso. E in effetti i trucchi ci sono: Bolaño gioca con le sospensioni, solleva nebbie ad arte, usa gli strumenti del genere in maniera a volte spudorata, come quando scrive frasi come: ‘Da questo momento gli eventi si fanno più confusi’. I suoi romanzi potrebbero essere delle serie tv lisergiche e di successo. Ma il punto è che questi trucchi servono a rendere gestibile l’incandescenza della materia che la sua letteratura maneggia in ogni frase, servono a gestire la paura, profonda, che è sottesa a ogni storia, servono a farci attraversare la notte pensando che si tratti solo di una nuvola passeggera che oscura il sole per qualche minuto.

A un certo punto in 2666 il vecchio che noleggia ad Hans Reiter, che ha appena inventato lo pseudonimo Arcimboldi, la sua prima macchina per scrivere, gli dice, dopo avere parlato a lungo di scrittura, di capolavori e opere minori, mentre Benno sta per andarsene, con quel perfetto tempismo cinematografico che è un altro dei trucchi del mestiere di Bolaño: ‘Gesù è il capolavoro. I ladroni sono le opere minori. Perché sono lì? Non per mettere in risalto la crocifissione, come credono certe anime candide, ma per occultarla’. In un certo senso si può forse pensare che tutta la grandezza dello scrittore stia proprio in continua a leggere sul sito di riferimento

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