Una comunicazione che porta Botticelli anche su Tik Tok
Firenze, 17 apr. (askanews) – Nelle strategie dei grandi musei la comunicazione, e in particolare quella digitale e social, è ormai da tempo un elemento-chiave. Succede all’estero, ma succede anche in Italia e in una delle più importanti collezioni di arte antica, come le Gallerie degli Uffizi dirette da Eike Schmidt. “È importantissimo raggiungere le giovani generazioni, che porteranno avanti i nostri beni culturali – ha detto il direttore ad askanews -. Noi possiamo proteggerli come preferiamo, ma se non ci sono i giovani che si innamorano, che vedono la loro responsabilità, che si identificano con questi beni, allora è inutile, perché significherebbe che dalla prossima generazione nessuno si occuperebbe più dello studio, della conservazione e della protezione di queste opere”.
Botticelli, Michelangelo, Giotto, Piero della Francesca, Leonardo da Vinci, Raffaello… gli Uffizi custodiscono la storia della nostra cultura e anche l’immaginario rinascimentale come pochi altri luoghi al mondo. Ma anche a fronte di certi tesori è necessario continuare a lavorare per allargare il pubblico e trovare nuove forme di comunicazione. “Queste opere hanno anche un grande valore per i giovani – ha aggiunto Schmidt – bisogna impegnarsi per renderle note ai giovani che a loro volta saranno propulsivi per la conoscenza, per lo studio, per la conservazione e protezione di questi beni”.
E in quest’ottica gli Uffizi presidiano i social media seguendo una strategia che ci è stata raccontata da Simone Rovida, dell’Area strategie digitali del museo fiorentino. “Tik Tok – ci ha detto – è l’ultimo nato dei nostri canali social e questo risponde a una politica che stiamo portando avanti fin dall’inizio, fin dall’apertura dei nostri canali nel 2016, quando abbiamo scelto di differenziare, attraverso i singoli social, i diversi pubblici ai quali ci volevamo riferire, ci mancava l’ultimo tassello”.
Ultimo tassello che è la generazione Z, quella che conosce solo la vita digitale e che, molto probabilmente, completerà nei prossimi decenni la gigantesca trasformazione sociale innescata dalla tecnologia digitale. Ma per farlo avrà bisogno anche degli strumenti culturali che vengono dal passato, che in Italia sono particolarmente forti e significativi. Per questo abbiamo chiesto a Schmidt se portare avanti questo tipo di comunicazione in un museo del nostro Paese sia stato più difficile. “Le cose che sono troppo banali – ci ha risposto il direttore – non sono vere sfide, quindi le cose interessanti sono proprio le sfide, quelle vinte ovviamente”.
A partire da un museo capace di comunicare in molti modi diversi.
(Leonardo Merlini)