NAPOLI – “Era de maggio”. Non aprile. Maggio e basta. Il terzo scudetto del Napoli pre-festeggiato resta in un limbo d’incredulità: quando mancavano 8 minuti appena alla fine di Napoli-Salernitana Dia segna (“aggiro”) il gol che spegne la luce. È stata la mano di Dia, ecco. Uno a uno, quando serviva la vittoria e basta. La festa forzata, messa in calendario per domenica dalle istituzioni, resta nella pancia del Maradona. L’audio della città s’abbassa di colpo. Le strade invase restano tappate come una bottiglia di spumante agitata per nulla.
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Sfuma la prima chance per piegare l’aritmetica a una stagione da record. Il Napoli potrebbe vincere lo scudetto persino in contumacia, mercoledì, se la Lazio non battesse il Sassuolo, ancor prima di scendere in campo a Udine nell’altra partita posticipata d’imperio. Una piccola beffa nella beffa.Maurizio Sarri, uno che di scudetti sfumati a Napoli se ne intende, aveva detto che “tutto era apparecchiato”. La sua Lazio aveva servito il piatto principale su un vassoio d’argento. E quando Olivera aveva firmato l’1-0 nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla rimonta della Salernitana. E invece.Ora il Napoli ha 18 punti di vantaggio sulla Lazio a sei giornate dal termine. Il ricalcolo delle probabilità riporta le celebrazioni ad un anticlimatico turno infrasettimanale spalmato su tre giorni. Non certo l’evento meticolosamente preparato dalla città, ma pur sempre scudetto sarà.
Ed è una mestizia transitoria, a scadenza, quella che accompagna il Napoli fuori dal campo, mentre gli artificieri impacchettano lo spettacolo pirotecnico, De Laurentiis mette in tasca un discorso scritto da mesi, e la gente cola via lenta, contenta ma delusa. Il controsenso di sapersi vincitori pur non essendolo ancora. Senza ansia da prestazione, ma col carico da novanta delle cose in grande che a Napoli devono succedere perché altrimenti non è Napoli.
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La festa era stata montata ad arte, pompata dai media, dalla preoccupazione che a Napoli sarebbe stato tutto diverso. Come se 33 anni d’attesa diventassero un rischio per l’incolumità collettiva, e il popolo fosse inarginabile. Il piano sanitario, la zona rossa, i ricoveri sospesi al Cardarelli. Persino la maledetta allerta meteo incurante del diritto napoletano a non vedersi rovinata la processione dalla grandine. Il Prefetto, avesse potuto, avrebbe spostato pure quella: piove lunedì, va bene lunedì?Era in fondo la preoccupazione non detta di molti osservatori: tre giorni di travaglio istituzionale, di pressioni quasi inquietanti, per rinviare Napoli-Salernitana nel rispetto d’una scaletta non sportiva. E se poi non succede? Ecco, non è successo. Non ancora. Ma a caldo il “non ancora” brucia. E ci vuole del talento per trasformare una festa solo rinviata in una festa mancata. Non serve scomodare dio, è stata semplicemente la mano di Dia.
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