Sbagliato il focus adottato finora, con concorrenza tra paesi Ue
Bruxelles, 16 apr. (askanews) – L’Ue ha adottato finora un concetto di competitività economica focalizzato in modo errato sulla concorrenza interna tra i paesi membri e non abbastanza su quella esterna all’Europa, confidando nella parità di condizioni globale e nell’ordine internazionale basato su regole, e aspettandosi che gli altri facessero lo stesso, ed è stata poi colta di sorpresa quando il mondo ha cominciato a cambiare rapidamente, con le altre grandi economie che non rispettano più quell’ordine. Lo ha affermato l’ex premier italiano ed ex presidente della Bce Mario Draghi, parlando oggi a La Hulpe, vicino Bruxelles, durante un intervento alla Conferenza di alto livello sul “Pilastro europeo dei diritti sociali” organizzata dalla presidenza belga di turno del Consiglio Ue.
Draghi ha presentato “il progetto e la filosofia, per come si stanno delineando”, del suo rapporto sulla competitività europea, che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen gli ha chiesto di elaborare, e che presenterà al Consiglio europeo subito dopo le elezioni di giugno. “Per molto tempo – ha ricordato Draghi – la competitività è stata una questione controversa per l’Europa. Nel 1994, il futuro economista premio Nobel Paul Krugman definì l’attenzione alla competitività una ‘pericolosa ossessione’. La sua tesi era che la crescita a lungo termine deriva dall’aumento della produttività, che avvantaggia tutti, piuttosto che dal tentativo di migliorare la propria posizione relativa rispetto agli altri e di acquisire la loro quota di crescita”. “L’approccio adottato nei confronti della competitività in Europa dopo la crisi del debito sovrano – ha rilevato l’ex presidente della Bce – sembrava dimostrare la tesi” di Krugman. “Abbiamo perseguito una strategia deliberata volta a ridurre i costi salariali degli uni rispetto agli altri e, combinata con una politica fiscale pro-ciclica, l’effetto netto è stato solo quello di indebolire la nostra domanda interna e di minare il nostro modello sociale”. “Ma la questione fondamentale – ha sottolineato Draghi – non è che la competitività sia un concetto errato. Il fatto è che l’Europa ha avuto un focus sbagliato: ci siamo rivolti verso l’interno, vedendo tra di noi i nostri concorrenti, anche in settori come la difesa e l’energia in cui abbiamo profondi interessi comuni. Allo stesso tempo, non abbiamo guardato abbastanza verso l’esterno: con una bilancia commerciale positiva, dopo tutto, non abbiamo prestato sufficiente attenzione alla nostra competitività esterna come seria questione politica”. “In un ambiente internazionale favorevole, abbiamo confidato nella parità di condizioni globale e nell’ordine internazionale basato su regole, aspettandoci che altri facessero lo stesso. Ma ora il mondo sta cambiando rapidamente e ci ha colto di sorpresa”, ha continuato l’ex premier italiano.
“Altre regioni non rispettano più le regole e stanno elaborando attivamente politiche per migliorare la loro posizione competitiva. Nella migliore delle ipotesi – ha avvertito Draghi -, queste politiche sono progettate per reindirizzare gli investimenti verso le loro economie a scapito delle nostre; e, nella peggiore, sono progettati per renderci permanentemente dipendenti da loro”. “La Cina, ad esempio, mira a catturare e ‘internalizzare’ tutte le parti della catena di approvvigionamento di tecnologie verdi e avanzate, garantendosi l’accesso alle risorse necessarie. Questa rapida espansione dell’offerta sta portando a un significativo eccesso di capacità in molteplici settori e minacciando di indebolire le nostre industrie”. “Gli Stati Uniti, da parte loro – ha aggiunto -, stanno utilizzando una politica industriale su larga scala per attrarre capacità manifatturiere nazionali di alto valore all’interno dei propri confini, compresa quella delle aziende europee, mentre utilizzano il protezionismo per escludere i concorrenti e dispiegano il proprio potere geopolitico per ri-orientare e proteggere le loro catene di fornitura”. A livello Ue, invece, “non abbiamo mai avuto un ‘accordo industriale’ equivalente, anche se la Commissione ha fatto tutto ciò che era in suo potere per colmare questa lacuna. Pertanto, nonostante una serie di iniziative positive in corso, manca ancora una strategia generale su come rispondere in molteplici aree: ci manca – ha indicato Draghi – una strategia su come tenere il passo in una corsa sempre più spietata per la leadership nelle nuove tecnologie. Oggi investiamo meno in tecnologie digitali e avanzate, incluso per la difesa, rispetto a Stati Uniti e Cina, e abbiamo solo quattro attori tecnologici europei globali tra i primi 50 a livello mondiale”. “Ci manca – ha proseguito – una strategia su come proteggere le nostre industrie tradizionali da un terreno di gioco globale ineguale causato da asimmetrie nelle normative, nei sussidi e nelle politiche commerciali. Un esempio calzante è rappresentato dalle industrie ad alta intensità energetica. In altre regioni, queste industrie non solo devono far fronte a costi energetici più bassi, ma devono anche far fronte a un minore onere normativo; e, in alcuni casi, ricevono massicci sussidi che minacciano direttamente la capacità delle aziende europee di competere. Senza azioni politiche strategicamente progettate e coordinate, è logico che alcune delle nostre industrie riducano la capacità produttiva o si trasferiscano al di fuori dell’Ue”. “E ci manca – ha lamentato ancora l’ex presidente della Bce – una strategia per garantire di avere le risorse e gli input di cui abbiamo bisogno per realizzare le nostre ambizioni senza aumentare le nostre dipendenze. Abbiamo giustamente un’agenda climatica ambiziosa in Europa e obiettivi ambiziosi per i veicoli elettrici. Ma in un mondo in cui i nostri rivali controllano molte delle risorse di cui abbiamo bisogno, questa agenda deve essere combinata con un piano per proteggere la nostra catena di approvvigionamento, dai minerali critici alle batterie fino alle infrastrutture di ricarica”.
“Abbiamo bisogno di una Ue adatta al mondo di oggi e di domani. E quindi quello che proporrò nella relazione che la presidente della Commissione mi ha chiesto di preparare è un cambiamento radicale, perché è ciò di cui abbiamo bisogno”, ha concluso Draghi.