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Domani Federal Reserve, giovedì Bce in campo contro il caro vita

AttualitàDomani Federal Reserve, giovedì Bce in campo contro il caro vita

In entrambi i casi analisti prevedono aumenti tassi da 25 punti base

Roma, 2 mag. (askanews) – Di nuovo due giorni consecutivi con gli occhi puntati sulle decisioni delle banche centrali, in Europa e negli Stati Uniti, come avvenuto a marzo. Il direttorio della Federal Reserve americana e della Bce si riuniranno a stretto giro. E in entrambi i casi sono attesi rialzi dei tassi di interesse da 25 punti base.

Ad aprire le danze, domani alle 20 italiane, sarà la Fed, che è in una fase più avanzata della sua stretta monetaria e da cui gli analisti prevedono anche il possibile annuncio di una pausa alla manovra rialzista sui tassi. In particolare dopo che gli ultimi dati hanno mostrato un rallentamento della dinamica positiva del mercato del lavoro.

Giovedì toccherà al Consiglio direttivo della Bce. Qui il quadro è più articolato e gli ultimi dati – che peraltro il capo economista Philip Lane aveva avvertito sarebbero stati rilevanti proprio per decidere il nuovo rialzo dei tassi – hanno fornito indicazioni sfaccettate.

L’inflazione totale di aprile si è rivelata leggermente più elevata di marzo, al 7% la crescita dei prezzi su base annua è risalita di un decimale di punto, dopo il forte rallentamento rispetto all’8,5% di marzo. Il dato, marginalmente superiore alle attese di alcuni analisti, si è tuttavia accompagnato dal primo, seppur risicato, rallentamento della “inflazione di fondo” al 5,6%.

Questa voce, che è semplicemente l’inflazione totale senza energia, alimentari e altri elementi molto volatili, è attentamente sorvegliata dai banchieri centrali, che ritengono sia una misura su cui col tempo tende a convergere la dinamica generale. La Bce ha più volte affermato che non si sarebbe ritenuta soddisfatta fino a quando l’inflazione di fondo non avesse mostrato una consistente dinamica di rallentamento.

Intanto, la dinamica del credito bancario nell’eurozona ha mostrato un nuovo netto peggioramento. A misurarla è una indagine della stessa Bce, che ha mostrato come oltre una banca su quattro nel primo trimestre abbia ulteriormente stretto i criteri di concessione di finanziamenti alle imprese, mentre quasi una su cinque li ha inaspriti sui mutui alle famiglie. E dopo le strette monetarie operate dall’istituzione, è la stessa domanda di prestiti a calare, sia da parte delle imprese, sia da parte dei consumatori.

Qui si fa sempre più plausibile il rischio che serrare troppo i freni finisca per favorire qualche “incidente”, come con la Silicon Valley Bank o le altre banche fallite negli Usa, cosa che invece i banchieri centrali sembrerebbero voler evitare.

Specialmente alla luce del fatto che a breve, a giugno, scadrà una maxi tranche di prestiti ultra agevolati alle banche, della terza serie dei Tltro, concessi dalla Bce alle banche durante la recessione causata da lockdown e misure imposte a motivo del Covid: in un colpo solo verranno meno centinaia di miliardi di euro (circa 480 mld, secondo alcuni osservatori).

E intanto, al di là dei dati complessivamente positivi sul Pil del primo trimestre, le imprese dell’eurozona non sembrano in forma smagliante. Guardando al manifattutiero, le indagini (indici Pmi) presso i responsabili degli approvvigionamenti hanno segnalato un crollo dell’attività ad aprile ai minimi da 35 mesi (per l’Italia l’indagine ha segnato il risultato più debole dallo scorso ottobre).

In tutto questo l’ipotesi più ragionevole è che il Consiglio direttivo della Bce proceda con un rialzo da 25 punti base e continui a mantenersi tutte le opzioni aperte per la riunione di giugno, quando verranno anche aggiornate le previsioni economiche. Optare invece per un maxi rialzo da 50 punti base in questa fase potrebbe innescare reazioni negative a vari livelli.

La Bce comunicherà le sue decisioni alle 14:15. Mezz’ora dopo la presidente Christine Lagarde terrà la consueta conferenza stampa esplicativa.

Un altro elemento da stabilire è rappresentato dal ritmo di riduzione dei portafogli di titoli, prevalentemente pubblici, accumulati nei passati anni di crisi economiche di varia natura. Da marzo la Bce ha avviato questa manovra in maniera molto limitata: 15 miliardi di euro in meno al mese, tenuto conto che gli stock sono di migliaia di miliardi. Finora non sembra aver causato particolari problemi e quindi potrebbe anche valutare una leggera accelerazione. Fermo restando che presumibilmente anche i “falchi”, coloro che propendono per una linea monetaria più intransigente, vogliono evitare che questa operazione parallela (il quantitative tightening) riaccenda una crisi sui differenziali di rendimento da titoli tra titoli di Stato (i famigerati spread) finendo per costringere la Bce a intervenire con misure che andrebbero in senso opposto rispetto alla stretta monetaria.

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