Tassi Bce e Pnrr driver di crescita, pesano incertezze geopolitiche
Roma, 17 apr. (askanews) – Resta in crescita l’economia italiana che “sorprende in positivo”. L’andamento del Pil nel 2024 si profila in linea con la buona dinamica registrata nel 2023. Il Centro Studi di Confindustria, negli Scenari economici di primavera, prevede un incremento del +0,9% per quest’anno, ovvero 0,4 punti percentuali in più rispetto a quanto previsto nello scenario di ottobre scorso. La crescita nel 2025 è attesa poco superiore, al +1,1%. Le stime sono lievemente inferiori a quelle del governo che, nel Def, ha previsto un Pil a +1% nel 2024 e a +1,2% nel 2025.
La stima di crescita più alta per il 2024 è in buona parte ascrivibile alla revisione al rialzo delle serie storiche sul Pil, operata dall’Istat a marzo.
Nel primo trimestre del 2024 gli indicatori congiunturali sull’attività economica fotografano una fase di quasi stagnazione. Il Pil, in termini trimestrali, è però atteso tornare a crescere in modo più robusto dalla seconda metà del 2024 e nel corso del 2025, grazie a due driver: taglio dei tassi da parte della Bce e implementazione del Pnrr.
Vari fattori, però, “frenano la crescita”, sottolineano gli economisti di Confindustria. L’effetto netto è atteso essere comunque positivo. Ma “chiaramente ciò significa anche che ci sarebbe spazio nel 2024-2025 per una crescita economica ancora più forte di quella oggi prevedibile”.
Primo freno, il costo dell’elettricità pagato dalle imprese resta più alto in Italia rispetto ai principali paesi Ue e anche rispetto agli altri grandi competitor internazionali come Usa e Giappone. Tutto ciò crea – osserva il Csc – uno “svantaggio competitivo per le imprese italiane: una riforma del mercato elettrico e una maggiore quota di rinnovabili nella generazione elettrica, visto che oggi hanno costi inferiori alle fonti fossili, potrebbero attenuare i costi dell’energia in Italia e ridurre la dipendenza estera.
Secondo freno, il graduale phase out del Superbonus, già in scadenza a fine 2023 in termini di aliquota al 110%, e degli altri incentivi all’edilizia. Le costruzioni ad uso residenziale, in termini di valore aggiunto e quindi di contributo al Pil, dovrebbero risentire fortemente di tale prevista riduzione degli incentivi, già nel 2024 e in misura ancora maggiore nel 2025. È chiaro che parte della crescita del PIL negli anni scorsi è attribuibile agli impatti del Superbonus, 2,4 punti percentuali in quattro anni.
Terzo, le strozzature mondiali nei trasporti e il loro impatto negativo per l’industria italiana. Il tema della sicurezza dei trasporti “non riguarda solo il Mar Rosso, snodo cruciale dello scambio di merci tra Europa ed Asia, ma anche numerose altre fragilità lungo le rotte internazionali di trasporto”.
Mlp