Roma, 29 apr. (askanews) – Torna ai livelli pre-pandemia la produzione di Bresaola della Valtellina Igp che nel 2024 ha superato le 12.600 tonnellate (+6,52% sul 2023). Il comparto, che fa riferimento alle 14 aziende certificate dall’Organismo di controllo CSQA, ha inoltre segnato 480 milioni di euro (+6,52%) di valore al consumo e un aumento dell’impatto occupazionale sul territorio, diretto e indotto, del +4%. Lato distribuzione, la GDO si conferma il principale canale di vendita della Bresaola della Valtellina IGP (77% della produzione totale).
In crescita anche i numeri legati all’esportazione che rappresenta il 5% della produzione, con un valore di 14 milioni di euro (+4,64%). Nel 2024, sono state esportate infatti 632 tonnellate di Bresaola della Valtellina IGP, nei Paesi UE (72% del totale in aumento del +3,2% rispetto al 2023) ed extra UE (28% del totale in aumento del +8,5% rispetto al 2023), dove spiccano diversi paesi del Medio Oriente, soprattutto nei paesi di religione islamica.
“Nonostante i dati attuali mostrino una netta ripresa del comparto, le preoccupazioni tra i produttori restano elevate – spiega il Consorzio in una nota – Si registra una marcata contrazione della disponibilità di materia prima di origine europea, conseguenza diretta della riduzione dei volumi produttivi negli allevamenti”. Un calo che ha determinato un impatto significativo sull’approvvigionamento del settore: se infatti nel 2023 la quota di carne bovina proveniente dai Paesi dell’Unione aveva raggiunto il 30%, nel 2024 si è ridotta al 22% e si prevede il proseguimento di questo trend negativo anche nel 2025.
I produttori sono quindi costretti sempre più affidamento sulle importazioni extraeuropee, soggette a gravose barriere tariffarie. Infatti, le licenze GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), che consentono l’importazione di carne con un dazio agevolato del 20%, sono vincolate a volumi fissi e non modificabili e il ricorso al regime extra-GATT è ormai quasi inevitabile, con un impatto economico significativo, dal momento che in questo caso l’aumento complessivo del costo della materia prima può raggiungere il 50% rispetto al suo prezzo iniziale.
“È quindi indispensabile – chiede il Consorzio – adottare misure mirate per garantire l’approvvigionamento delle oltre 34.000 tonnellate di fesa bovina necessarie a sostenere la produzione del distretto”. “I dati positivi sono incoraggianti e confermano l’interesse nei confronti di un prodotto d’eccellenza – commenta Mario Francesco Moro, presidente del Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina – Tuttavia, i dati legati al costante rincaro della materia prima, il cui costo continua ad aumentare anche per effetto delle barriere tariffarie in ingresso, non possono non indurci a una riflessione comune sui rischi a cui il comparto è esposto”.